Il
potere che la pubblicità ha su tutti noi è strabiliante ma talmente
incontrollabile da sfuggire per primi ai pubblicitari. Lo scopo della
pubblicità dovrebbe essere quello di convincere il consumatore a scegliere
quel dato prodotto, il problema è che spesso la pubblicità rimane in mente
(perché è simpatica, orecchiabile, originale), ma non persuade minimamente
all’acquisto.
Alzi
la mano chi ha mangiato delle caramelle Big Fruit solo perché ne era goloso il
cavallo. Chi ha comprato le cialde Lavazza sperando di raggiungere Brignano in
Paradiso lo ammetta. Chi se la fa addosso se non può andare al bagno di Paolo
che ha Glade microspray lo dica adesso o taccia per sempre.
Ti
ricordi queste pubblicità perché ti colpiscono, travalicando spesso anche il
confine del buon gusto come lo scoiattolo scorreggione della Vigorsol o il
padre che si toglie la camicia, mostrando fiero il reggiseno e confessando al
figlio che non è suo padre ma sua madre (questo della Vivident, a sottolineare
come le gomme da masticare siano accomunate dallo scegliere dei pubblicitari
idiota)
Il
potere della pubblicità è quello di confondere le masse. Quanti figli degli
anni ’80 sentendo la Carmen di Bizet esclamano Ma questa è la musica dell’Aiax, mentre sarebbe ontologicamente più
corretto il contrario.
Un
esempio di quanto sia pregnante la pubblicità, lo dà il film d’animazione Il gatto con gli stivali. Prodotto nel
2011, ha la singolare particolarità di avere per il protagonista – il gatto,
ovviamente – lo stesso doppiatore nelle versioni inglese, spagnola e italiana.
Sto parlando di Antonio Banderas, interprete di molti film, ma per noi ormai il
mugnaio del Mulino Bianco (complice anche l’imitazione che ne ha dato
Maurizio Crozza). Insomma, quando vedi un gatto eroe che salta sui tetti e si
destreggia con la spada meglio di Zorro ma te lo immagini a parlare con la
gallina Rosita di come cuocia i biscotto uno per uno o riempia di crema i
Flauti, capisci che la pubblicità nuove gravemente alla salute (mentale).
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