Quest’estate lo sciopero dei doppiatori ha riacutizzato l’eterna polemica tra sostenitori del doppiaggio e puristi che vorrebbero film e telefilm trasmessi in lingua originale.
Sperare
come molti fanno in un abbandono del doppiaggio è completamente idiota. È un
comportamento radical chic, non da intellettuale bensì da intellettualoide.
Questa gente sostiene che, doppiando, intere frasi e addirittura intere
sceneggiature vengono travisate, le sfumature si perdono, la capacità degli
attori non viene percepita completamente.
Hanno
ragione. Quasi nessuno sa che Morgan Freeman ha una voce profonda e sexy e che
in originale Whoopi Goldberg non parla squittendo. Ed è verissimo che certe
frasi, in particolar modo i giochi di parole, si perdono (gli indovinelli di
Riddler nel telefilm di Batman degli anni ’60 con Adam West ne sono un ottimo
esempio). Provate infine a pensare alla ricchezza di significati di una singola
parola. Ne Il Re Leone, nella canzone Sarò re cantata dal cattivo Scar, alle
iene che gli domandano E noi che faremo?, lui risponde Voi seguite il maestro,
in originale Listen to teacher. La traduzione di teacher in maestro è
filologicamente perfetta, eppure si perde una sorta di richiamo alla scuola
presente nel testo originale, come se Scar stesse tenendo una lezione alle iene.
Però…
Tutte queste sfumature le coglie solo chi conosce la lingua. E in Italia, checché
ne dicano i sostenitori della lingua originale, molti in inglese non vanno
oltre al The cat is on the table, e non parliamo di altre lingue. Ma ancora più
importante, per recepire queste sfumature, la capacità recitativa degli attori
(quando non si conosce la lingua, sembra che tutte le frasi vengano pronunciate
con lo stesso tono) e i sottointesi di una particolare frase, bisogna conoscere
la lingua che si sta ascoltando bene quasi quanto la propria lingua madre. E
sono convinto che nemmeno l’1 per cento di questi puristi conoscano così bene l’inglese.