mercoledì 27 novembre 2013

Colpevole... d'annoiare



Un thriller avvincente, una scatola di cioccolatini e un comodo e caldo piumone sono un ottimo modo per passare una serate autunnale. Purtroppo non tutto va sempre come dovrebbe. E ti capita che la scatola di cioccolatini sia ormai vuota e che il piumone – che usi da una decina d’anni – non porti più nemmeno tepore. Pazienza. Ma se anche il thriller non si rivela all’altezza, beh… allora è proprio una serata di merda.

Il tipo di serata a cui vai certamente incontro se il film che hai scelto è Colpevole d’innocenza, perfetto esempio di pessimo thriller. Protagonista è Ashley Judd, moglie del classico ricco trafficone. Dopo una notte passata sulla loro barca a vela, al suo risveglio di lui non c’è più traccia. La polizia sospetta che lei l’abbia ucciso e gettato in mare. Arrestata e processata, viene condannata per omicidio e spedita in galera. Dopo aver affidato suo figlio alla propria migliore amica, questa scompare, portandosi via il bambino. In prigione, la povera disgraziata scopre che il marito è vivo e vegeto e se la spassa con la suddetta amica. Dopo aver trascorso sei anni in carcere, ottiene la libertà vigilata e viene affidata al sorvegliante Tommy Lee Jones. Alla prima occasione se la fila, girando in lungo e in largo per il Paese alla ricerca del proprio bambino, inseguita costantemente da quel mastino di Jones.

La storia finisce bene: lei ritrova suo figlio, il marito fedifrago ottiene la punizione che merita e il sorvegliante capisce come stanno realmente le cose.

Il problema è che dopo la prima mezz’ora di film, quando scopriamo che il marito non è morto, la pellicola non riserva alcun colpo di scena. Non solo capisci subito come andrà a finire, ma non ci sono scene di tensione né sorprese nello svolgimento della trama. Insomma, puoi tranquillamente spegnere la tv ed andare a dormire, tanto il meglio c’è già stato (e non è nemmeno stato un granché).

Un film dovrebbe sorprendere costantemente lo spettatore, tenere desta la sua attenzione, ma se a una commedia o ad un film drammatico possiamo perdonare la prevedibilità, in un thriller questo è un peccato capitale.

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