mercoledì 5 novembre 2014

Un ballo, niente di più


Alcuni film diventano dei cult. A volte dipende dalla trama e dai temi trattati come fu per Il laureato, altre dagli attori come in L’attimo fuggente (uno dei ruoli più amati di Robin Williams) o ne Il buio oltre la siepe, film che valse l’Oscar a Gregory Peck. Può dipendere dal regista che in quel film in particolare riesce a esprimere al meglio la propria poetica (come fu per Tim Burton in Edward mani di forbice), o dall’essere l’opera manifesto di un genere, come sono Un dollaro d’onore e I magnifici Sette per il western. In altri casi è semplicemente una questione di strategia pubblicitaria, di abilità nel creare attesa e attenzione verso un dato film, come fece Spielberg per Jurassic Park.

Ci sono anche film che diventano il manifesto di una generazione o di una particolare età (quasi sempre l’adolescenza, magica e piena di ricordi, così evocativa da rappresentare), dovendo spesso il proprio successo alla musica e alle canzoni più che alla trama (come Grease e Il tempo delle mele).


È il caso di Dirty dancing, prodotto nel 1987 ma ambientato negli anni ’60. La pellicola racconta la storia della giovane Jennifer Grey che, in vacanza con la famiglia, si innamora del giovane e aitante maestro di ballo Patrick Swayze. E questo è tutto, perché molto altro da dire sulla storia non c’è, se non il fatto che il premuroso padre di lei (Jerry Orbach, conosciuto soprattutto per la sua lunghissima militanza in Law & Order – I due volti della giustizia) ovviamente detesta il giovane e non approva la loro relazione e che il bel maestro di ballo è vittima dei pregiudizi che all’epoca (e in parte ancora oggi) la gente nutriva nei confronti degli artisti, visti come irresponsabili, libertini e poco di buono (quando alcuni clienti dell’hotel vengono derubati, Orbach e gli altri benpensanti accusano subito Swayze, mentre in realtà i responsabili sono una coppia di rispettabili anziani).

Eppure il film è un cult e ad ogni passaggio televisivo ottiene sempre un discreto successo. Senza grandi attori (Patrick Swayze ai tempi era praticamente uno sconosciuto). Senza una gran trama. Senza artifici tecnici e stilistici. Ma a volte basta una canzone per dare al film un’aura di magia.
 

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